La recessione dell’Europa orientale causata dal Covid-19 potrebbe eguagliare quella post-comunista

  • June 1, 2020

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L'Economist analizza la situazione economica post covid-19 e gli scenari per i Paesi dell'Europa dell'Est.

L'Europa è stata finora la zona più colpita dal covid-19, ma la pandemia è stata più violenta di un uragano, devastando alcune aree e lasciandone altre quasi incolumi. L'Europa orientale è stata meno colpita rispetto all'ovest e persino la Germania orientale meno della Germania occidentale. L'Europa meridionale ha sofferto più del nord. Le differenze tra Paesi vicini possono essere sorprendenti: i casi di mortalità per persona in Spagna sono più del triplo rispetto al Portogallo ed il  quadruplo rispetto a Francia e Germania.

 

Anche dal punto di vista economico, l'impatto è disomogeneo. Man mano che emergono le previsioni del danno economico della pandemia, l'Europa centrale e orientale sembrano particolarmente precarie. Nel primo trimestre del 2020 l'UE ha registrato la più profonda contrazione economica registrata. Il PIL si è ridotto del 3,5% rispetto al trimestre precedente. La più grande economia europea, la Germania, si è ridotta del 2,2% nello stesso periodo. Le cifre per il secondo trimestre, quando i lock-down erano al massimo, dovrebbero essere ovviamente peggiori. Dati recenti suggeriscono che l'attività economica a marzo ed aprile è diminuita di circa il 30% rispetto all'anno precedente. Lo scorso 6 maggio la Commissione europea ha comunicato che prevede una "recessione profonda e disomogenea", con il PIL quest'anno in contrazione del 7,5% per l'UE nel suo insieme ed un po' di più nella parte che utilizza l'euro. Morgan Stanley vede il PIL della zona euro addirittura in calo dell'11%.

 

La profondità della recessione di ciascun Paese dipenderà dalla durata del suo blocco, dalla severità del distanziamento sociale e dalla forza dei consumi, spiega Jacob Nell, economista di Morgan Stanley. L’analista del gruppo bancario pensa che l'economia tedesca si ridurrà dell'8% nel 2020, mentre la Francia si contrarrà dell'11% e l'Italia del 15%. Il blocco della Germania è stato infatti uno dei più leggeri in Europa: fabbriche e trasporti pubblici hanno continuato ad operare ovunque, e negozi, ristoranti, parrucchieri, biblioteche, zoo ed alcune scuole sono stati riaperti a tempi record.

 

Come la Germania, anche l'Europa orientale ha avuto tassi di infezione e di vittime bassi e sta allentando i suoi blocchi. La Slovacchia, ad esempio, ha registrato solo 1.522 casi confermati di covid-19 e 28 morti; la vicina Austria ha avuto 16.733 casi e 668 morti. Gli stati europei dell'est sapendo di essere vulnerabili hanno agito subito: temendo che la pandemia potesse rapidamente travolgere i loro scricchiolanti sistemi sanitari, si sono bloccati duramente e velocemente e hanno contenuto rapidamente il virus.

 

Tuttavia, la sofferenza economica può essere peggiore in gran parte dell'est che nell'ovest. "Gli stati europei dell'est hanno affrontato la pandemia in modo efficiente", osserva Richard Grieveson dell'Istituto per gli studi economici internazionali di Vienna (WIIW), "ma questa recessione sarà tanto grave quanto le recessioni di transizione", quelle che seguirono il crollo del comunismo. Nei cinque anni successivi alla caduta del muro di Berlino nel 1989, la produzione annuale nei Paesi dell'ex blocco sovietico è diminuita di oltre il 40%.


I paesi dell'Europa orientale sono vulnerabili per tre motivi. In primo luogo, le loro economie dipendono dalle esportazioni, lasciandole in balia della domanda in altri paesi. In proporzione al PIL, le esportazioni di beni e servizi variano dal 96% della Slovacchia e l'85% dell’Ungheria fino al 67% in Bulgaria e al 61% in Lettonia. A titolo di confronto, in Spagna il rapporto è del 35%.

Un secondo motivo è che i governi dell'Europa orientale hanno meno capacità di finanziare i pacchetti di salvataggio. Non possono presentare grandi deficit perché gli investitori sono cauti nel prestare a questi Paesi. La maggior parte ha bassi livelli di debito pubblico, ma i loro rating tendono ad essere scarsi. Il debito austriaco, in percentuale al PIL, è più di tre volte superiore a quello della Bulgaria. Tuttavia, le sue obbligazioni sono classificate AA+ da Standard and Poor’s, mentre quelle della Bulgaria sono BBB. Infine, molti Paesi dell'est fanno molto affidamento su una delle industrie più colpite dalla pandemia: il turismo. In Croazia, ad esempio, il turismo genera il 25% del PIL. Il WIIW ritiene che l'economia croata si contrarrà di circa l'11% nel 2020. Il lato positivo è che l'Europa centrale potrebbe beneficiare della sua dipendenza dalla Germania, che dovrebbe riprendersi rapidamente. È di gran lunga il principale partner commerciale dei paesi di Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia). Morgan Stanley prevede che la Germania si espanderà del 6,4% nel 2021 e le aziende tedesche stanno diventando più fiduciose sulle prospettive di quest'anno, secondo un sondaggio della scorsa settimana dell'Istituto Ifo. Essere al di fuori della zona euro ha anche i suoi vantaggi: il WIIW si aspetta che la Repubblica Ceca e la Polonia siano aiutate dalla svalutazione della corona e dello zloty (vedi grafico).

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Grieveson ritiene che la crisi cambierà radicalmente alcuni aspetti delle economie della regione, a volte in meglio. L'Europa centrale e orientale potrebbe beneficiare del "nearshoring" (iniziative dei produttori dell'Europa occidentale diffidenti verso la Cina per riavvicinare la produzione a casa). Anche l'aumento dello shopping online, che dovrebbe continuare anche dopo la riduzione della pandemia, potrebbe aiutare. Servizi correlati, quali call center e magazzini, potrebbero essere esternalizzati nella regione.

 

Le previsioni della Commissione rilevano che la ripresa sarà "incerta", soprattutto nei paesi colpiti duramente e che erano già deboli prima della pandemia. Una ripresa incompleta in un Paese, avverte, potrebbe frenare la crescita economica ovunque. Si chiude quindi con un appello agli europei affinchè facciano ciò che i tedeschi hanno fatto dopo la caduta del muro di Berlino: aiutarsi a vicenda a beneficio di tutti.


fonte: The Economist Europe

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